Associazione Italiana Sommeliers
Delegazione di Cremona

DEGUSTAZIONE:

"Poderi Luigi Einaudi"

21 ottobre 2004

Albergo "Ponte di Rialto" - Crema


Parafrasando la Bibbia: "in principio fu il Dolcetto".

Era il 1897 quando Luigi Einaudi, giovane di belle speranze e futuro Presidente della nostra Repubblica, acquistando una cascina nel comune di Dogliani, borgo immediatamente a sud della zona del Barolo, legò indissolubilmente il proprio nome a quello di Dogliani e del Dolcetto.
I "Poderi Luigi Einaudi" oggi sono una grande realtà nel panorama vitivinicolo piemontese e italiano, una realtà che si chiama Dolcetto, ma anche Barolo e Langhe.
Ad illustrare la filosofia produttiva dell'azienda ed a proporcene i prodotti è presente il Dott. Matteo Sardagna, figlio di Paola, nipote di Roberto nonché pronipote di Luigi Einaudi.
Matteo Sardagna ci illustra sinteticamente la storia dell'azienda e della sua famiglia.

Noi tralasciamo volutamente questo argomento. Visitando il sito della casa www.poderieinaudi.com o attraverso biografie e notizie storiche su Luigi Einaudi, chi volesse, può avere sicuramente informazioni più dettagliate di quelle che potremmo fornire noi in queste poche righe.

Veniamo quindi alla nostra degustazione e partiamo proprio dal Dolcetto. Oggi in Piemonte ci sono due scuole di pensiero: i tradizionalisti e gli innovatori. Hanno però un unico comune denominatore: la qualità.

Come ci è stato illustrato, l'azienda si pone a cavallo delle due filosofie: sposa la tradizione senza disdegnare l'innovazione.
Nel caso del Dolcetto, ha l'ambizione di seguire una strada tutta sua, cercando di offrire dei vini meno immediati, che si prestino ad un moderato invecchiamento.
Abbiamo il piacere di assaggiare tre prodotti provenienti da diversi poderi e di annate diverse: Dolcetto di Dogliani 2003 (alcol 12,5%), Dolcetto di Dogliani "Vigna Tecc" 2002 (alcol 13,5%) e Dolcetto di Dogliani "I Filari" 2001 (alcol 14,5%).

Partiamo dal più giovane, il duemilatre, prodotto base della loro produzione, imbottigliato appositamente per proporcelo in anteprima. Azzardando un paragone di carattere sportivo ci piace associarlo ad un giovane nuotatore: potente quanto basta, muscoli lunghi e flessuosi, non sicuramente un culturista, ma agile e scattante. Affascinanti i sentori di ciliegia, fragola e caramello, che ritroviamo altrettanto spiccati al palato. Un esordio senz'altro interessante.

Decisamente più "finiti" ed in sintonia con la filosofia della casa i vini delle altre due annate, con una maggiore evoluzione, più struttura e tannini più spiccati.

Il "Vigna Tecc" 2002" risente di un'annata particolare, con una maturazione delle uve non perfetta, che ha consentito un prodotto comunque elegante ma più "magro" e corto al palato.

Il 2003 "I Filari" è sicuramente il più importante dei tre e manifesta, anche se non in maniera invadente e aggressiva, il suo passaggio in legno per oltre un anno. È un Dolcetto che solo Dogliani si può permettere, con il suo territorio cosi vicino geograficamente a quello degli altri Dolcetto, ma cosi lontano come "ambiente".

Tre sono le annate in degustazione anche per il Barolo, ma di un unico "cru": Barolo nei Canubbi 1997 (alcol 14,5%), Barolo nei Cannubi 1998 (alcol 14%) e Barolo nei Cannubi 1999 (alcol 14,5%).

Signori, giù il cappello. Quando si parla di Barolo, si parla di uno dei più grandi vini italiani e del mondo. Un vino, sicuramente non facile, con una grande personalità, tant'è che il nebbiolo, vitigno principe con cui il Barolo viene prodotto non ha grandi riscontri al di fuori del Piemonte, eccezion fatta per la Valtellina.
La vigna Cannubi si trova su un terreno calcareo e drenante con un microclima estremamente favorevole. Acquistata nel 1997 è in assoluto uno dei territori più vocati per il Barolo e dà origine a vini che privilegiano l'eleganza alla potenza.

Quelli in degustazione sono vini ancora molto giovani se consideriamo che il Barolo è un vino che si presta a lungo, lunghissimo invecchiamento.
Anche in questo caso siamo a metà strada tra le filosofie imperanti nella zona (qualcuno limita la macerazione a soli quattro giorni, altri, in alcuni casi, arrivano anche al mese). Con i suoi 15 giorni di macerazione è il più moderno dei Barolo prodotti dall'azienda. Passa 18 mesi in barriques (60% nuove, 40% secondo passaggio) e un anno in botte grande. Gli altri Barolo prodotti dall'azienda mantengono uno stile più tradizionale.

In un susseguirsi di grandi annate, nella seconda metà degli anni 90, il 1997 è quella che attualmente si rivela più pronta.
È stata un'annata calda che ha richiesto una vendemmia anticipata. Ciò nonostante presenta una notevole freschezza. Al naso, su tutto, spiccano bellissime note balsamiche.
Il 1998 si presenta inizialmente più chiuso. Come un nobile riservato si rivela poco a poco, aprendosi lentamente. Ritroviamo anche qui le note balsamiche, unitamente a tannini eleganti ed ad una grande complessità. Da dimenticare in cantina.

Più "esplosivo" il 1999, potenzialmente pronto per un lungo invecchiamento. Ha classe e stile, ma è anche un poco più lezioso. È un vino che ama apparire. Gli inglesi hanno una parola per definire personaggi di questo tipo: Dandy.

È stata lasciata volutamente per ultima la degustazione del Langhe Rosso DOC "Luigi Einaudi" (cabernet sauvignon 40%, nebbiolo 35%, merlot 15%, barbera 10%). Anche in questo caso le annate in degustazione sono tre: 1998 (alcol 14%), 1999 (alcol 14%) e 2000 (alcol 14%).

Siamo di fronte ad un vino costruito con un taglio internazionale, un vino di "fantasia", meno caratterizzato rispetto al territorio nel quale viene prodotto anche se i palati più attenti riusciranno comunque ad individuarne le radici (35% nebbiolo). Rispetto al Barolo, è sicuramente un vino più facile, più morbido. Passa 18 mesi in barriques.
Ci troviamo di fronte a dei bei vini, corretti nella loro costruzione, impeccabili ma un po' "monotoni", dei vini dall'impatto più immediato, più "ruffiani" e sicuramente con minore personalità.

Il Langhe Rosso DOC "Luigi Einaudi" è comunque un vino che si presta bene all'invecchiamento e le annate oggi in degustazione potranno dare il meglio di sé tra qualche anno.
Un vino, quest'ultimo, che ha suscitato pareri discordanti.
Ma proprio qui emerge uno degli scopi dell'Associazione Italiana Sommelier, che si prefigge con queste degustazioni, di fare cultura sul mondo del vino.
E se qualcuno dovesse avere ancora dei dubbi sui vini in degustazione, non deve fare altro che seguire il consiglio di Matteo Sardagna e andarlo a trovare in cantina.

 

Clara Malvezzi e Marco Morlotti

 


 

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