Associazione Italiana Sommeliers
Delegazione di Cremona

DEGUSTAZIONE:

Batàr
"
A dream of white"

Agricola Querciabella

16 settembre 2004

Albergo "Ponte di Rialto" - Crema

Questa verticale di Batàr prese forma nel maggio dello scorso anno, quando la delegazione di Cremona, nel corso dell'annuale gita che, nell'occasione aveva come meta la zona del Chianti Classico, fece visita all'azienda Querciabella in quel di Greve in Chianti.

Allora Sebastiano Castiglioni ci guidò alla scoperta di questa ormai affermata realtà del panorama vitivinicolo toscano, lasciando trasparire tutta la sua passione e una punta di malcelato ma giustificato orgoglio.

Fondata alla fine degli anni sessanta dal padre di Sebastiano, Giuseppe "Pepito" Castiglioni insieme a Giacomo Tachis, l'azienda ha sposato da alcuni anni la filosofia della biodinamica.

Paola Banchi, agronomo e responsabile commerciale dell'azienda, che insieme a Luca Bandirali ci ha guidato nella degustazione, ha sottolineato alcuni aspetti di questa scelta.

L'azienda testimonia una grande attenzione per la natura, per i sui delicati equilibri, e non lo fa solo attraverso i dettami di Steiner. Lo si può, per esempio, cogliere nella scelta delle barriques. In azienda ci sono 2200 barriques, il 65% delle quali viene rinnovato ogni anno. Sebastiano Castiglioni le sceglie personalmente e sono provenienti esclusivamente dalla Francia in quanto la legislazione d'oltralpe è molto attenta agli aspetti della riforestazione.

Il "Batàr" nasce nel 1988, prodotto con pinot bianco (ritenuto inizialmente troppo fragile, ma che ha dato col tempo buoni risultati) e pinot grigio.
Viene messo in commercio con il nome di Batàrd Pinot, ma "i francesi che s'incazzano e che le palle ancor gli girano…" come ai tempi di Bartali, per evitare confusioni con alcune loro produzioni che utilizzavano il vocabolo "batàrd", impongono il cambiamento del nome, che dal 1995 diventa Batàr.

Il susseguirsi delle varie annate vede la scomparsa del pinot grigio e l'inserimento nel blended dello chardonnay che ha progressivamente preso il sopravvento fino all'attuale proporzione di 65% chardonnay e 35% pinot bianco.
Grande attenzione in fase di vinificazione: si effettua la diraspatura mantenendo gli acini interi che vengono successivamente pressati in maniera soffice con una pressa a polmone, quindi si passa in vasche di decantazione e poi lo chardonnay e il pinot bianco vengono messi separatamente in barriques (50% nuove e 50% di un anno) dove restano per nove mesi e dove avviene la fermentazione malolattica. Durante tutto questo periodo le barriques, per evitare possibili fenomeni di ossidazione, non vengono mai aperte.

Il risultato finale è un vino di grande struttura, con una straordinaria acidità, buona morbidezza ed eccellente complessità. Dà il meglio di sè dopo un invecchiamento di sette, otto anni.

Ma veniamo finalmente alla nostra degustazione.

Abbiamo quattro annate ormai non più reperibili in commercio: 1999, 1998, 1997, 1996 (in ordine di degustazione).

Il 1999 lascia intravedere la propria gioventù già dal colore, un giallo paglierino delicato e decisamente diverso da quello delle altre annate. Bella consistenza e sensazioni olfattive di grande finezza e immediatezza. Al naso sensazioni floreali, fruttate, profumi di spezie, sensazioni tostate. Al palato una nota di legno ancora verde. Una PAI "incisiva", note di frutta esotica (ananas). Una nota "verde" e una leggera astringenza sono sinonimo di gioventù. Un vino già molto interessante, ma che non ha ancora raggiunto la piena maturità e con davanti a sè un roseo futuro.

Passiamo al 1998, un'annata caratterizzata da una primavera e da un'estate molto calde. Qui ci troviamo davanti ad un colore decisamente più intenso, un bel giallo dorato, splendido nel suo impatto visivo anche per la sua brillantezza, che sarà comune alle successive annate in ordine di degustazione. Ci troviamo di fronte ad un vino ancora un po' chiuso, ma che sviluppa note di vaniglia e di agrumi. In bocca ritroviamo ancora questa splendida freschezza che già nella precedente annata in degustazione ci aveva impressionato, questa spiccata acidità che alla fine prevale.

Il 1997 ha visto seguire ad una primavera fresca un'estate calda, che ci hanno regalato un vino che sia nel colore che nella brillantezza ricorda quello precedente. Bellissime note balsamiche e di agrumi ancora verdi. L'esame gustativo rivela tutta la grandezza di questo vino anche se riscontriamo ancora una certa spigolosità ed un finale leggermente amarognolo. Non è ancora al massimo delle sue possibilità.

Il 1996 è sicuramente l'espressione più felice delle quattro annate in degustazione. Una primavera ed un'estate non caldissime hanno dato vita ad un prodotto caratterizzato da grande acidità, grande freschezza, ma ben controbilanciata da una bella morbidezza. Bellissimo il giallo dorato che splende brillante davanti ai nostri occhi e che consistenza! Al naso è un susseguirsi di note balsamiche, note minerali che si accavallano a note di frutta matura, ananas candito e ancora miele d'acacia, vaniglia e zucchero filato: splendido. E splendido è anche al palato dove, con una grande PAI ed una leggera astringenza (tannini gallici ceduti dal legno delle barriques), ritroviamo le sensazioni e gli aromi già olfattivamente riscontrati.

Ebbe a dire Daniel Thomases che un vino deve avere "la polpa" per stare in barrique. Ebbene qui di polpa ne abbiamo. Il legno non è mai invadente e predominante, ma è ben amalgamato nello spettro aromatico di questo vino straordinario che, anno dopo anno, ci lascia stupiti per la sua meravigliosa evoluzione e che non smette mai di promettere un qualcosa in più che, non abbiamo dubbi, saprà mantenere.

Paola Banchi suggerisce, prima di servirlo, di portare la bottiglia ad una temperatura di 6/7°. Quindi lasciare, una volta nel bicchiere, che il leggero innalzamento della temperatura gli consenta di manifestarsi in tutta la sua grandezza. Ma attenzione che non sia troppo "caldo", perché la nota alcolica prenderebbe il sopravvento togliendo piacevolezza a questo splendido nettare.

Clara Malvezzi e Marco Morlotti

 


 

Pagina precedente