Associazione Italiana Sommeliers
Delegazione di Cremona

DEGUSTAZIONE:
"I cru del Barolo"

I cento volti del nobile vino piemontese

23 gennaio 2006

Albergo "Ponte di Rialto" - Crema

Fabio Gallo, relatore della serata, non ha mezzi termini: secondo lui (ma non è il solo a pensarlo) il Barolo è il più grande vino del mondo.

Sicuramente è un vino difficile, scontroso, duro e altrettanto sicuramente è un vino unico. Questa sua unicità lo rende in pratica senza concorrenti. È un vino che si concede pienamente solo a coloro che lo approcciano con il rispetto dovuto ai "grandi", a chi è arrivato a lui solo dopo quello che potremmo definire una specie di percorso iniziatico.

È un vino che richiede tempo: tempo per maturare, per affinarsi e tempo per degustarlo. Il Barolo va centellinato, sorso dopo sorso, con calma. È anche un vino, come afferma Fabio Gallo, "gastronomico", un vino che da il meglio di sé abbinato con il cibo, soprattutto con i piatti della tradizione, quelli legati al suo territorio di origine.

In questo angolo di Piemonte, le Langhe, la vite di nebbiolo esiste probabilmente da sempre; le prime notizie certe ci giungono da Plinio il Vecchio. Da allora, questo vitigno parco di frutti, ha visto passare più di due millenni di storia, a partire dai primi abitanti di origine mediterranea, più precisamente ligure, le cui tribù più note erano quelle dei Bargienni e degli Stazielli, fino in tempi più recenti, dove troviamo personaggi come Camillo Benso Conte di Cavour Carlo Alberto, Thomas Jefferson (allora primo ministro di George Washington) e Vittorio Emanuele I.

Noi non ci addentriamo più di tanto tra storia ed aneddoti, per ovvie ragioni di spazio e di tempo, e lasciamo ad altri questo compito. Parliamo invece del Barolo, e soprattutto dei vini in degustazione nel corso della serata. Parliamone ricordando, del vitigno nebbiolo, le sottovarietà utilizzate: Michet, Lampia e Rosè (esiste anche una sottovarietà Bolla - ricorda Fabio Gallo - ma non è ammessa nel disciplinare in quanto troppo produttiva).

Questi i vini in degustazione:

Burlotto - Comm. G. B. Burlotto - Verduno - Barolo Vigneto Monvigliero 2000 (alcol 14%)

Rinaldi - Barolo - Barolo Brunate Le Coste 2001 (alcol 14%) Chiara Boschis

Az. Agr. E. Pira e Figli - Barolo - Barolo Cannubi 1997 (alcol 13,5%)

Brovia - Castiglione Falletto - Barolo Rocche dei Brovia 1997 (alcol 14%)

Clerico - Monforte d'Alba - Barolo Ciabot Mentin Ginestra 2000 (alcol 14,5%)

Giacomo Conterno - Serralunga d'Alba- Barolo Cascina Francia 1997 (alcol 14%).

Questi, come tutti i Barolo, vestono le caratteristiche delle due principali tipologie di terreni della zona. Il territorio è tagliato diagonalmente in due dalla strada che collega Alba a Barolo e Novello; a nord-nord ovest ci sono i terreni tortoniani. Qui nascono vini più fruttati, fini ed eleganti. A sud-sud est troviamo terreni elveziani e vini più potenti, strutturati e importanti. Discorso a sé fanno i vini di Verduno, più delicati e raffinati (terreni messiniani) e quelli di Barolo (questi ultimi nascono proprio dove si incrociano le due principali tipologie di terreni).

Ma veniamo ai vini:

della storica cantina Burlotto ci viene proposto il Vigneto Monvigliero. Ci troviamo davanti ad un vino elegante con uno spiccato fruttato, soprattutto di ciliegia, molto ben rappresentativo del territorio.

Il Barolo di Rinaldi è ancora un giovincello di belle speranze e ha davati a sé sicuramente un grande avvenire. Solo legno grande per questo vino in cui spiccano sentori di fiori appassiti, spezie e ciliegia. Ottima annata questo 2001 in cui troviamo un naso fitto ed una morbida e vellutata dolcezza.

Il Cannubi di Chiara Boschis ha invece un taglio moderno. Barriques nuove per l'affinamento di questo Barolo, con un tannino molto presente, dove ritroviamo uno spiccato fruttato, ciliegia in primis, e poi le spezie, soprattutto cannella, per finire con note di geranio e di cipria. Vinificazione in cemento e affinamento e botti di rovere francese per Rocche di Brovia, nel quale troviamo, tipico dei vini di questa zona, un sentore cimiteriale di fiori appassiti e una bella nota mentolata.

Il Ciabot Mentin Ginestra ci viene a raccontare com'è il Barolo di Monforte. Qui il frutto sparisce quasi completamente, ma troviamo un naso ricco, una bocca potente e un tannino virile che esplodono in splendide note speziate, di cioccolato e liquirizia. Purtroppo è un peccato aver "seccato" una bottiglia così giovane.

Come quelli di Monforte anche i vini di Serralunga spiccano per struttura e potenza e il Cascina Francia di Conterno non delude le aspettative. Maturato a lungo in grandi botti di rovere emerge per complessità. Qui non troviamo più il frutto, ma note medicinali, di straccio bagnato, di cuoio, floreali (ritroviamo ben presente il geranio) di spezie e di cipria.

A dimostrazione del successo della serata, parlano i bicchieri che alla fine sono tutti quasi completamente vuoti.

D'altra parte, signori, si stava parlando di Barolo, quello che alcuni definiscono il più grande vino del mondo.

 

Marco Morlotti

 


 

Pagina precedente